L’Economia Circolare ha bisogno di nuove professionalità: quali?

Nonostante già negli anni ’70 del 900, gli accademici parlassero di “circular economy”, soltanto di recente se ne è data attuazione. Questo modello di economia, protagonista di quella che è stata definita “la quarta rivoluzione industriale”, risponde all’esigenza di contrastare il depauperamento delle materie prime e ruota attorno a tre concetti essenziali:

  • REDUCE – riduzione delle materie prime nel circuito industriale;
  • REUSE – riutilizzo delle materie prime;
  • RECYCLE – riciclo delle stesse.

L’applicazione di questi principi produrrà un influsso positivo non solo ed esclusivamente sull’ambiente, ma rivoluzionerà a tal punto l’approccio delle aziende da dare spazio a nuove figure professionali. Quali?

  • Esperti in ambito ECONOMICO- AMBIENTALE: binomio efficiente al momento della misurazione dell’impatto ambientale di un’azienda.
  • esperti in AMBITO LEGALE: saranno necessari specialisti del diritto ambientale, competenti nella trattazione di illeciti a danno dell’ambiente e studiosi delle norme giuridiche comunitarie e nazionali per ciò che riguarda il riciclo e lo smaltimento dei rifiuti.
  • INGEGNERI: gli impianti di riciclo di materiali come la plastica sono sempre più informatizzati, necessitano quindi di tecnici qualificati ed ingegneri informatici;
  • Esperti in PROGETTAZIONE: capaci di ideare materiali e strumenti che siano interamente riciclabili;
  • Esperti in DOMOTICA: capaci di immaginare e costruire le case nelle quali viviamo sempre più integrate, eco-sostenibili e a basso impatto ambientale.

A livello mondiale, le compagnie europee dominano la classifica delle aziende che hanno un approccio green ed hanno concretizzato ciò che teoricamente si definisce “circular economy”, rappresentano il 69% su scala mondiale. Seguono le società americane con il 22% e l’Asia con il 12%.

Sebbene l’Italia non sia sul podio delle economie più green al mondo, temi come la sostenibilità ambientale e l’attenzione alla riduzione degli sprechi non passano inosservati, soprattutto nelle piccole – medie imprese, cuore pulsante dell’economia del nostro Paese.