Jeans, sai cosa indossi?

I jeans sono di certo l’indumento più sdoganato dei nostri armadi, un cult, un vero e proprio “must have” dei nostri tempi. Del resto, chi di noi non ha almeno un paio di jeans?

Ma qual è l’impatto che la realizzazione di questo, ormai imprescindibile, capo d’abbigliamento ha sull’ambiente? Ebbene, l’impatto ambientale risulta notevole già solo se si considera che questi vengono quasi sempre realizzati dall’altro capo del mondo.

Ma andiamo più nel dettaglio. I jeans si compongono di circa 600 grammi di cotone, elastan e poliestere (in percentuali variabili). Partiamo dal cotone, che è il materiale principale da cui si ricava il tessuto jeans: la sua coltivazione su larga scala provoca pesanti emissioni di gas serra, inoltre, per coltivarlo si utilizzano spesso fertilizzanti e pesticidi e ci si serve di macchine agricole inquinanti. Ancor peggio se parliamo, poi, dei componenti sintetici: inquinanti e spesso non riciclabili. Senza dimenticare che anche il trasporto e la manutenzione di questi indumenti, impattano pesantemente sull’ambiente

60 Millions de Consommateurs, la rivista francese dei consumatori, ha confrontato 20 modelli di jeans slim (da uomo e da donna) di marchi conosciuti, misurandone la resistenza all’attrito, alla trazione, al lavaggio e soprattutto ricercando sostanze tossiche nel tessuto e microfibre nell’acqua di lavaggio.

Con riferimento alle sostanze tossiche, la rivista in questioneprecisa che in nessuno dei jeans analizzati è stata riscontrata la presenza di quelle sostanze pericolose che, oltre ad inficiare il tessuto, possono irritare la pelle, eccezion fatta per laformaldeide, contenuta in tutti i jeans, sebbene, generalmente, in quantità ridottissime (meno di 10 mg / kg di tessuto).

Sicuramente presente, in particolar modo nei modelli cosiddetti “slim”, è l’elastan, tuttavia occorre prestare attenzione alla percentuale indicata, poiché se questa supera il 5%, i jeans non possono essere riciclati.

Alcuni dei jeans, sotto la lente d’ingrandimento della rivista francese, presentano, però, percentuali dielastan di gran lunga superiori rispetto a quelle indicate dal produttore e contengono anche un altromateriale sintetico, l’elastomultiestere,che non viene neppure indicato in etichetta.

Infine, per ciò che concerne la fase di lavaggio, si è appurato che, chi più, chi meno, tutti i jeans analizzati rilasciano microplastiche.

Complessivamente, considerando tutti i parametri, il miglior paio di jeans è risultato essere quello a marchio Replay (da uomo). Mentre per le donne il Jeans Gémo. In fondo alla classifica, segnalato come rosso, vi è invece il jeans Diesel (da donna). Per gli uomini in ultima posizione troviamo invece il jeans Celio.

La rivista francese offre, infine, una piccola guida all’acquisto dei jeans per fare una scelta più sostenibile.

Prima regola è sicuramente quella di leggere attentamente l’etichetta, che ci fornisce preziose indicazioni, in primis riguardo alla composizione dei jeans, consentendoci, per esempio, di evitare quelli con oltre il 5% di elastan, che non possono essere riciclati.

Tuttavia molti jeans riportano in etichetta indicazioni di presunta sostenibilità, non sempre così attendibili. Per questo motivo gli esperti della rivista suggeriscono di affidarsi ad etichette indipendenti quali:

  • Ecolabel europeo che garantisce processi di produzione più puliti, alta qualità dei tessuti e durata. Limita l’uso di sostanze nocive nelle fibre tessili;
  • Ecocert Textile, certificazione che garantisce almeno il 70% di fibre naturali o da materiali rinnovabili o riciclati, la riduzione dei consumi di acqua ed energia ma anche l’utilizzo di coloranti, agenti tessili e processi di lavorazione più rispettosi dell’ambiente e della salute del consumatore;
  • Etichetta internazionale GOTS (Global Organic Textile Standard) che garantisce l’origine organica delle fibre e vieta le sostanze tossiche nella produzione o nella stampa di tessuti assicurando infine il rispetto fondamentale di condizioni di lavoro dignitose;
  • Etichetta Swiss BioRe che certifica che il cotone proviene da agricoltura biologica e che per la tintura non vengono utilizzati prodotti chimici. Assicura inoltre condizioni di lavoro eque per dipendenti e produttori;
  • Certificazione Oeko-Tex Standard 100 che garantisce che i tessuti etichettati – biologici e non – rispettino la soglia normativa per le sostanze inquinanti, cancerogene e allergeniche;
  • Il marchio Bluesign, cheha lo scopo di garantire che la produzione di abbigliamento, in fibre naturali o sintetiche, rispetti l’ambiente (divieti e restrizioni di sostanze pericolose per la salute, riduzione dei consumi di acqua ed energia, soglie per le emissioni in aria e in acqua).

Altro suggerimento green: scegliete sempre jeans con il minor numero possibile di “punti duri”: borchie, bottoni e altri gingilli non solo possono creare problemi in fase di riciclo, ma potrebbero rovinare gli altri capi durante il lavaggio.

Nell’acquisto del vostro nuovo paio di jeans optate per un tessuto più spesso, che, garantendo una maggior durata del capo, consentirà una diminuzione dell’impatto ambientale, legato alla produzione.

Evitate, infine, un inutile ed eccessivo consumo di acqua ed energia, determinato da lavaggi ad alte temperature: i vostri jeans lavati a 30° C saranno perfetti e, in più, aiuterete l’ambiente.

Foto di Olya Adamovich da Pixabay